Minacce per la sicurezza, Israele ritira le sue squadre di soccorritori dalle zone terremotate della Turchia. Nei giorni precedenti Austria e Germania avevano fatto lo stesso.
Ad una settimana dal terremoto di magnitudo 7.8 che ha devastato e messo in ginocchio la Turchia e la Siria si continua a scavare, però, nella disperazione più totale. Le vittime accertate sono circa 40mila e pochissime sono le persone, anche bambini, estratte vive dalle macerie. La stima dei danni e delle vittime, come annunciano le autorità, sarà ancora lunga. Si allunga, nel frattempo, la lista dei costruttori indagati ed arrestati dalle autorità turche. Secondo alcune, iniziali, ipotesi, forse, si potevano evitare molte morti. Tante strutture, anche di recente costruzione, sono crollate del tutto, sbriciolatesi, da prime ipotesi potrebbe trattarsi di cedimenti dovuti al malo modo di costruire.
Minacce per la sicurezza. Israele, Austria e Germania fermano le proprie squadre di soccorritori
Ad una settimana dalla mobilitazione mondiale, mentre ancora si susseguono gli appelli umanitari e la raccolta di fondi per gli aiuti necessari, intanto, aleggiano alcuni spettri su presunte minacce per la sicurezza. Dopo Germania ed Austria anche Israele annuncia il ritiro, o almeno la sospensione dei lavori, delle sue squadre di soccorso.
Le motivazioni con le quali questi Stati hanno annunciato il loro ritiro non vengono specificate mancano dettagli. Nei giorni scorsi, però, L’Austria ha parlato di scontri tra gruppi armati non identificati. Erano arrivati a Hatay martedì con 45 tonnellate di attrezzature e sono stati in grado di salvare nove persone dalle macerie ma ora sospendono i soccorsi.
L’International Search and Rescue tedesco (ISAR), l’agenzia per i soccorsi ha dichiarato alla Reuters in una email che starebbero arrivando sempre più segnalazioni di scontri tra diversi gruppo con diversi spari. Problemi di sicurezza che sembrerebbero interessare sempre di più la regione di Hatay, quella più colpita dal sisma.
Motivazioni vengono addotte anche alla situazione drammatica con la quale i superstiti si trovano a dover fare i conti, scarseggia cibo e acqua i soccorsi tardano a raggiungere tutti. La gestione da parte del governo turco sembrerebbe, anch’essa, creare malumori. La decisione di seppellire subito tutti in fosse comuni non sarebbe stata digerita dalla popolazione.
L’assetto politico e lo scontro con i curdi
Che l’assetto politico di quelle aree abbia complicato gli sforzi di salvataggio era già emerso nei giorni scorsi. Sono serviti tre giorni, all’indomani del terremoto, affinché il primo convoglio delle Nazioni Unite attraversasse il valico di Bab-al-Hawa, unico corridoio di aiuti umanitari tra Turchia e Siria. Alcune delle aree più colpite sono controllate dai Curdi e dai combattenti islamici sunniti, soggette fino ai giorni scorsi di scontri con la Turchia.
La questione curda, va avanti dalla fine dell’impero ottomano, del resto, non è mai stata risolta. Non è un segreto che contro il popolo curdo (privo di una nazione propria) ci siano rappresaglie soprattutto da parte Turca, nonostante i Curdi rappresentino il 20% della popolazione.
Naturalmente a cosa si riferiscano queste, paventate, minacce per la sicurezza, delle proprie squadre di soccorritori, restano, ad oggi, ipotesi da verificare. Nelle prossime ore, forse, saranno chiarite e magari superate.