E’ un’ecatombe, chiudono in migliaia | La causa di tutto

Una vera e propria ecatombe: dal 2019 ad oggi ben 52 mila attività hanno chiuso i battenti. La causa di tutto è principalmente una. Scopriamola ed analizziamola.

ecatombe negozi
Negozio chiuso. Foto Web Source

I colossi dell’ e-commerce iniziano a fare terra bruciata, i loro “confini” virtuali si espandono senza sosta, divorandosi intere fette di mercato.

Commercio K.O.

I dati parlano chiaro (fonte Confesercenti-Ipsos): i negozi di vicinato sono ormai in sofferenza, in primis  agenzie di viaggio e piccole boutique. Resistono con le unghie le attività alimentari di vicinato e le profumerie di fiducia: si stima che in poco più di due anni (complice anche la pandemia) oltre 52mila commercianti abbiano chiuso serranda, lasciando sovente attività a conduzione familiare, magari decennali  (registrato un – 7%).

La notizia è ben poco confortante, ma in un mare di nebbia una flebile fiammella si intravede: l’offline resta il canale preferito dai consumatori. Ma fino a quando? I colossi online non si accontenteranno del secondo posto: di media, su nove categorie merceologiche analizzate dallo studio della Confesercenti, un terzo degli acquisti effettuato avviene tramite piattaforme online.

Diamo i numeri

Un pò di numeri: la maggior parte dei consumatori (nell’ultimo anno), per oltre il 72% ha acquistato viaggi e pacchetti vacanze attraverso il web; nel campo tecnologia ed elettronica il 62% dei consumatori ha comprato smanettando sui device (smartphone in testa su tutti); infine, nel settore moda, oltre il 52% delle compravendite sono state virtuali. Gli acquisti nei negozi fisici, nello stesso periodo, hanno registrato un trend positivo per articoli e abbigliamento sportivo (54%), cosmetica, cura del corpo, deodoranti e profumi (58%), arredamento casa (69%), cibo da asporto (69%) e in genere alimentari (82%).  Ovvio che il long-covid si faccia sentire ancora nel commercio al dettaglio e di vicinanza, ma i dati sono comunque preoccupanti: non ancora un’ ecatombe, ma le proiezioni sono sconfortanti.

Scontro generazionale

I giovani amano smanettare, si sa. L‘e-commerce difatti è maggiormente sviluppato tra i ragazzi della generazione Y, ovvero i nati tra il 1981 e il 1996, affascinati da pc, videogame e prime connessioni internet; i Boomers, ovvero gli ultraquarantenni, superano la loro naturale ritrosia per gli acquisti virtuali soprattutto per quanto riguarda gli alimentari, in primis prodotti e cibo da farsi consegnare comodamente a casa,  per la pulizia domestica, per la cosmetica personale e la “piccola elettronica”.

Il futuro si annuncia dunque fosco per i negozi sotto casa, l’online crescerà in termini percentuali, registrando un deciso avanzamento dei consumi in rete, soprattutto nel settore dei servizi. Si stima che a stretto giro per il web passerà tra il 17% ed il 21% degli acquisti merceologici totali (parliamo di un giro d’affari che supererà i 27 miliardi di euro): ciò significa che la crescita esponenziale del commercio elettronico determinerà una ridistribuzione delle quote di mercato, con una diminuzione secca per le attività di vicinato di un ulteriore 2% ( passando dal 22,4 % al 20, 4 %). Se non è una strage, poco ci manca.

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