Dal cinepanettone allo scudetto | Chi è l’ultimo imperatore

Fosse un film non sarebbe un “classico” cinepanettone, ma un kolossal di Cinecittà, solo che al posto dell’Arco di Costantino e del Colosseo avremmo il Vesuvio ed il Golfo di Partenope cinti d’azzurro.

Da cinepanettone a scudetto

Ego smisurato, istrionico, accentratore, primo attore: in una parola Aurelio, l’imperatore di Napoli.

Il Maratoneta

De Laurentiis non ha mai avuto fretta di bruciare le tappe. Più che uno sprinter, è un maratoneta instancabile: in meno di due decenni ha condotto il Napoli dai calcinacci sgarrupati della Serie C, ai fasti d’uno scudetto inaspettato, senza nemmanco capirne una cippa, di calcio (almeno all’inizio di questa avventura). A capofitto, in doppiopetto, si è catapultato in un settore marketing a lui estraneo, trasformando le regole del gioco, ribaltando il tavolo come un croupier smaliziato.

Aurelione non ha solo vinto sul manto erboso, 33 anni dopo Ferlaino ed il Divino Maradona De Laurentiis: ha stravinto sul campo del management e della strategia d’impresa. Il suo Napoli è un colosso dai piedi di granito. Conti in attivo, surplus garantito, ha impallinato i grandi club del Nord Italia, risucchiati dall’idrovora di un indebitamento continuo e di una gestione sociale poco adamantina: tecniche di economia aziendale impartite all’ombra dello Stadio Maradona.

Un anello per ghermirli

Aurelione è un indomito seduttore: nelle trattative è un incantatore, pressocchè infallibile. Sa quali tasti premere, come solleticare la sua preda, e una volta conquistato, blinda l’interlocutore (non con anelli fatati, ca va sans dire)  mettendolo sotto contratto. I suoi affari in panchina li ha fatti tutti così: patti d’acciaio che non ammettono scappatoie, inattaccabili da ogni lato. Mazzarri, Benitez, Sarri, Gattuso, Ancellotti, da ultimo Spalletti: tutti caduti nella rete del Grande Seduttore.

Altro aspetto della sua strategia, del suo metodo infallibile, è la struttura “snella”: il Napoli è una società agile, a conduzione familiare, con Aurelio in testa, monarca assoluto. Modello aziendale vincente, sono i fatti a parlare: estranei nel Calcio Napoli ce ne sono stati sempre pochi, una eccezione fu il d.s. Pierpaolo Marino, all’inizio della cavalcata azzurra, adesso Giuntoli (anche se i rumors lo danno in partenza, assieme a Spalletti).

Effetto Cinema

Un’idea di business essenziale, per non dire scarna; torna sempre quel modo unico di far cinema, a modo suo: produttore-regista-primo attore. Nel calcio il Presidente investe nel rischio d’impresa, l’Allenatore dirige i lavori sul campo, gli Attori sono una ventina, in mutandoni e maglia sgargiante: ha sbagliato pochi nomi, tra i registi-allenatori. Dal nulla creò il fenomeno Sarri, il Davide della provincia venuto a sfidare i Golia del Nord Italia. Se non è un kolossal, poco ci manca.

Ora è toccato a Spalletti: non che il Toscano non fosse affermato di suo, ma il salto di qualità è indubbiamente avvenuto all’ombra del Vesuvio. E immancabile, si ripete il solito copione: grande amore iniziale, infatuazione e incantamento; parole al miele prima, poi le crisi, il tumulto, il grande gelo. Infine l’indifferenza e l’addio: roba che il copione di “Via col Vento” a confronto è un bigliettino dei Baci Perugina.

Dal cinepanettone allo scudetto
Luciano Spalletti – Photo web source

Aurelio De Laurentiis non è un idealista, non morirebbe per difendere le sue idee, ma conosce il campo da gioco, è un tattico assoluto, il vero numero uno. Se c’è un vincitore di questo scudetto lungo un trentennio, l’icona sacra del Napoli vincente post-maradoniano, di certo il ruolo spetta a lui. E a lui soltanto.

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