PNRR e burocrazia non vanno d’accordo | I soldi vanno in fumo

Il Pnrr rischia di essere una spina nel fianco per l’Italia e non solo. Burocrazie, cambi di competenze, ed ora le banche. Dove andremo a finire?

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Il Governo Meloni è alle prese col rebus PNRR: troppe le modifiche intervenute, una pletora di decreti, con l’istituzione di un nuovo organo direttivo presso la Presidenza del Consiglio.

Caos all’Italiana

Il solito caos italico, si dirà. E pensare che si voleva semplificare il cammino alla nostra pachidermica burocrazia, ma la profonda modifica delle competenze già attribuite da Draghi al servizio centrale della Ragioneria  dello Stato, ha ingarbugliato il tutto: parliamo dell’organismo che rappresentava il fulcro dell’intero sistema e che ora perde la sua centralità, avendo solo compiti di ispezione e controllo.

La Corte dei Conti era già intervenuta (lo scorso anno), avvertendo che la nomina dei dirigenti generali per gestire il PNRR avrebbe prodotto ritardi atavici, rispetto a tutti gli atti da dover adottare poi a livelli inferiori (non dirigenziali generali), con un effetto a cascata. Eppure, l’attuazione del Pnrr non è un problema solo italico: sono molti i Paesi beneficiari del piano NextGenEu, da cui discendono i vari piani di resilienza, ad accumulare ritardi progressivi. Persino in Germania, ovvero la locomotiva d’Europa.

Ritardi europei

Non ha dubbi Daniel Gros, uno dei maggiori econosmisti teutonici, a capo dell’Instituto bocconiano per la Politica Europea: “I controlli incrociati a livello nazionale e comunitario, prendono più tempo di quanto si potesse pensare, e questo in tutta Europa”. Per di più, secondo lo studioso, “Il NextGen è stato concepito tre anni fa. Nel frattempo è cambiato il mondo: ripresa post-Covid più rapida del previsto, guerra, inflazione”.

Rimodulare il PNRR sembrerebbe, dunque, cosa urgente , perché se l’obiettivo è spendere il massimo possibile, lo si deve fare “bene”: alcune modifiche sembrano necessarie, così come è urgente rivedere il ruolo attribuito ai Comuni, rinforzando l’intesa con il Governo centrale, cosa che potrebbe allungare i tempi burocratici.  Ma il Belpaese non è l’unico ad affrontare tali problemi, come detto.

Arrivano le banche

Può sembrare pertanto una buona idea il coinvolgimento delle banche per aumentare la solidità dei Comuni: del resto, più fiducia vuol dire maggiore garanzia finanziaria nell’adempimento degli obblighi imposti dai piani di sviluppo europei. Eppure l’ingresso di soggetti privati rischierebbe forse di ingarbugliare una già non semplice situazione: e poi, ci chiediamo, non dovrebbe essere un soggetto pubblico, ovvero lo Stato, attraverso il Ministero dell’Economia e Finanze, ad aiutare i piccoli Comuni, stazioni appaltatrici che sovente incorrono in problemi di liquidità?

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Il ministro Fitto – Photo web source

Uno Stato che abdica al suo ruolo, lasciando ingresso ai privati in ogni ambito dell’economia pubblica, forse si dimostra non all’altezza del suo compito. Un compito che oltre che un onere, dovrebbe rappresentare un onore per chi governa.

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