Francesco Nuti, un figlio di Saturno | Eppure che silenzio c’è dall’altra sera

Ci sono vite segnate da immenso talento ed altrettanta, titanica, sfortuna. Quella di Francesco Nuti è senza dubbio stata una di queste.

Francesco Nuti
Francesco Nuti – Photo web source

Francesco Nuti era un figlio di Saturno, un artista, un genius loci segnato dal daimon platonico, da lemuri sibillini che plasmano l’ego e ne determinano il destino.

Nel segno di Saturno

L’exitus a sberleffo, dell’ artista che segnò (assieme a Troisi, Benigni e Verdone) la nuova comicità anni ’80, con la morte prematura, a 68 anni, nel giorno di Berlusconi, quando l’universo mondo osanna il Sire italico, dimenticandosi del geniale, serafico, giullare di corte. O forse è l’ultimo coupe de theatre, esser corpo inerte e giacere morto, come Lear in palcoscenico, e scomparire subitaneo,  così, in un batter di ciglia e nei titoli di coda, nei rivoli a reflusso.

Francesco Nuti da Prato, classe ’55, uno di quelli che, ogni volta che passano un suo film, si fermano gli orologi, il tempo rallenta i frames, vorresti rivederli in loop: aria sorniona da toscanaccio impenitente, meno pirotecnico di Benigni, ma più carsico, melanconico, con certe nuances in chiaroscuro, delicate e fragili.

Nuti è stato un protagonista indiscusso del cinema degli anni ’80, esordi fulminanti, prima con Alessandro Benvenuti e Atina Cenci, i “Giancattivi” perfidi e graffianti, poi due David di Donatello in sequenza (per “Io, Chiara e lo Scuro”, 1983, diretto da Maurizio Ponzi e “Casablanca, Casablanca” dell’ ’85, diretto dallo stesso attore). Ponzi fu mentore e pigmalione, impostò Francesco come anti-Benigni, più sofisticato, più tagliente, costruendolo con militanza, presentandolo al festival di Venezia con la pellicola “Madonna che silenzio c’è stasera”, suo primo film da protagonista.

Francesco Nuti
Alessandro Benvenuti, Atina Cenci e Francesco Nuti. I Giancattivi – Photo web source

Talento popolare

Francesco aveva carisma, fascino goliardico ed un talento vero: più adatto al mosto popolare che al cinema da festival, aprì le vene della sua creatività e venne il successo. “Io Chiara e lo Scuro” segnò il passo, portò in sala le sue passioni-ossessioni, il biliardo, le donne, le relazioni complesse, concave quando convesse (e viceversa): la metà degli anni ’80 è costellata dei suoi successi di cassetta, anche grazie a co-sceneggiatori del calibro di Vincenzo Cerami (che farà poi grande Benigni, per restare in tema di toscani), Ugo Chiti, Giovanni Veronesi (suo grande amico).

I ragazzi di allora, rampanti ultracinquantenni d’oggi, conoscono a memoria le sue pellicole, “Caruso Paskoski di padre polacco”, “Stregati”, “Willy Signori e vengo da lontano”, “Tutta colpa del Paradiso”; una rifulgente carriera in ascesa, con la mano dei Cecchi Gori sul capo, assieme a donne fatali come la Muti, Francesca Neri, la De Sio, Clarissa Burt, che lo trasformarono nel ciclone Nuti, al pari di Benigni, Troisi e Verdone.

Cadono le stelle

Anche dal firmamento, a singhiozzo, cadon le stelle: Saturno si mise contro, Nuti cadde e fu un declino lento e a fil di lama: “OcchioPinocchio” fu la sua personale Waterloo, debacle di denari e talento, disastro a ciel sereno. Si disse che Nuti fosse tarlato, che i suoi demoni avessero rapito il genio, che non fosse più lui, schiavo di tormento affogato in vino: abbandonato dal suo mondo, non ritrovò più la vena aurea, lentamente essiccando.

francesco Nuti sul set – Photo web source

Eppure i ragazzi d’allora non hanno smesso di citarne i film, riscaldarne il ricordo, tramandarne il conto: Francesco ci ha lasciato tempo fa, cadendo a sua volta, mai riemergendo; eppure lassù, nelle distanze infinite, Saturno rifulge ancora, nel dolce e malinconico ricordo del Francesco che fu.

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