E’ da ormai 15 giorni che gli attori e le maestranze hanno incrociato le braccia. Tutto ciò che c’è da sapere sullo sciopero più grande di sempre.
Dai leader della protesta alle ultime novità. Era dal 1960 che il mondo di Hollywood non manifestava compatto.
I protagonisti
Dallo scorso 13 luglio gli iscritti al sindacato Sag- Aftra (Screen Actors Guild + American Federation of Television and Radio Artists) sono entrati in sciopero. Infruttuose, al momento, le trattative con l’AMPTP (Alliance of Motion Picture and Television Producers). Quello degli attori si aggiunge allo sciopero degli sceneggiatori che va avanti da maggio.
Fanno parte del Sag-Aftra non soltanto attori ma anche conduttori radiofonici, modelli e youtuber. In totale gli iscritti sono più di 160mila.
Chi guida la protesta
La leader della protesta è l’attrice molto amata Fran Drescher che i più ricordano per la sit com “La Tata”. In un accorato discorso tenuto durante una conferenza stampa, la Drescher qualche giorno fa ha dichiarato che la battaglia del sindacato è la stessa battaglia di tutti i sindacati di categoria. La situazione è seria, lo sciopero inevitabile “ma non avevamo scelta. Noi qui siamo le vittime, vittime rese tali da un’entità malvagia. Non posso credere di aver fatto affari con un sistema così corrotto“.
Poi la Drescher si scaglia contro le grandi società di produzione: “è inconcepibile che dicano di non avere soldi quando spendono centinaia di milioni di dollari per pagare i loro amministratori delegati. E’ disgustoso! Si vergognino!
Per cosa si protesta
Essenzialmente due sono gli oggetti della protesta: streaming ed intelligenza artificiale. Per quel che concerne la seconda la battaglia è in effetti assai condivisibile e giusta: il sindacato si sta battendo affinché l’intelligenza artificiale non si sostituisca alle abilità umane. Se prendesse il sopravvento, infatti, l’ IA potrebbe spazzare via tantissime professioni: dai grafici ai disegnatori, dagli sceneggiatori ai doppiatori.
Per quanto riguarda la prima battaglia è anch’essa condivisibile ma di assai più difficile soluzione. Tutto ruota intorno ai cosiddetti diritti residuali, quindi le royalty che vengono pagate ad attori e maestranze quando un film o una serie tv vengono messi in onda o messi online sulle piattaforme di streaming. Per quanto riguarda la TV gli accordi dicono che ad ogni replica attori e maestranze ricevano ottime royalty. Così non accade per quanto riguarda le piattaforme sulle quali un contenuto può essere riprodotto teoricamente milioni di volte. Le royalty in questo caso infatti sono state giudicate troppo basse.
Giusta o sbagliata che sia la protesta ora Hollywood ha un problema serio: la macchina perfetta si è inceppata e non sembra intenzionata a ripartire. Che sia la fine del dorato mondo dello spettacolo made in USA?