Aung San Suu Kyi, l’ex leader birmana, detenuta dal 2021 causa colpo di stato militare, ha ottenuto la grazia, seppur parziale.
L’occasione è stata la concessione di un’amnistia della giunta militare ad oltre 7mila detenuti, per celebrare una festività nazionale buddista: questo a quanto riferito dai mezzi d’informazione statali birmani (ovviamente controllati dai militari).
La condanna
La Suu Kyi era stata condannata a 33 anni di detenzione: tutta una serie di accuse, forse pretestuose, tra cui corruzione, possesso illegale di device elettronici, violazione delle regole anti-covid-19, etc.. I media hanno però aggiunto che questa grazia concessa riguarderebbe solo una minima parte delle condanne inflitte (ben 19). Amnistiate risulterebbero solo 5 condanne, dunque non è ben chiaro se l’atto di “clemenza” le permetterà di poter lasciare gli arresti domiciliari cui è confinata.
La ex leader politica, premio Nobel per la pace è stata vista in pubblico pochissime volte, dalla condanna: l’ultima il 1 febbraio 2021, ripresa in tribunale a Naypyidaw, capitale della Birmania. Pare che una decina di giorni fa Aung San Suu Kyi sia stata portata d’urgenza ad un incontro con Ti Khun Myat, presidente dell’Assemblea dell’Unione (la camera bassa birmana), e Deng Xijuan, inviato della Cina per gli affari asiatici. Cosa le abbiano detto o cosa sia stato deciso, ovviamente non è dato sapere.
La storia
Aung San Suu Kyi è la sua volta figlia di Aung San, eroe indipendentista dell’ex Myamar: condannata ai domiciliari per la prima volta nel 1989, nel 1991 ha vinto il premio Nobel per la pace per la sua lotta per la democrazia; rilasciata nel 2010 con la Lega nazionale per la Democrazia (Nld), vince le elezioni politiche nel 2015 e poi le successive, nel novembre 2020. Dopo un nuovo colpo di stato è stata arrestata: oltre 3.800 morti, 24 mila arresti, numeri di un colpo militare tra i più feroci che si ricordino.
Oltre allo scempio di morti, abbiamo 1,6 milioni di profughi in fuga da un conflitto cruento, più volte condannato dalle Nazioni Unite: destituito il governo eletto, la giunta dell’esercito ha dichiarato lo stato di emergenza, prorogato più volte, che ha cancellato di fatto le elezioni democratiche. L’ultima proroga annunciata comporterà lo slittamento del voto, già programmato per mese di agosto 2023.
Leader controverso
Fiera indipendentista, come detto, la leader birmana è stata oggetto di aspre critiche internazionali per le violenze dell’esercito nazionale contro la minoranza musulmana Rohingya: nel 2017 un’ondata di violenza senza pari difatti colpì la minoranza, accusata di provocare incendi ed attentati terroristici.
Aung San Suu Kyi fu indifferente e connivente con le persecuzioni contro i Rohingya: anche artisti di peso, come Bono degli U2 e Bob Geldof si sono scagliati contro la ex presidente birmana, sostenendo che non volesse ammettere la sistematica azione violenta (si parla di omicidi, stupri e distruzione di villaggi) perpetrata ai danni dell minoranza religiosa, cui ancor oggi non è stata concessa la cittadinanza. Una macchia nera sulla figura della Suu Kyi, combattente di livello, leader (a dir poco) controversa.