Qual è l’essenza del tifo, dell’appartenenza ad una squadra, ad una maglia? Prendiamo ad esempio il Manchester City: è la squadra dominante, la vincitrice dell’ultima Champions. Ma c’è qualcosa che non torna.
Eppure, guardiamo un momento su nelle tribune, tra gli spalti: come festeggiano i suoi supporters? Euforia dimessa, sottotono, c’è un distacco un po’ naive, di chi è capitato lì in mezzo un po’ per caso, se non per sbaglio.
Il paradosso di Teseo
O meglio della “nave di Teseo”: l’imbarcazione del noto eroe greco perse via via tutti i suoi pezzi originali, sostituiti nel tempo. Dunque, una volta cambiato l’ultimo, resterà sempre la stessa nave (originale) oppure sarà del tutto diversa?
Il paradosso vale anche per il nuovo calcio business: difatti, quale la natura (nel tempo) dell’identità legata ad una squadra di calcio? Il calcio rischia di essere la nuova nave di Teseo? Per rispondere non dobbiamo prendere in considerazione (per una volta) statistiche, ingaggi, milioni e cartellini, ma analizzare i concetti semantici legati a “identità” e “valore immateriale”.
Il calcio e le sue strutture si evolvono nel tempo: ma più cambia l’infrastruttura fisica di una squadra, più rischia di perdersi la storia, la gloria di quel club; il rapporto con una squadra è radicato nel passato (storia condivisa e memoria collettiva), ma proiettato nel presente e verso il futuro (necessità di allinearsi ai valori attuali). E qui entra in gioco la proprietà del team, che ricopre un ruolo preponderante e significativo.
Proprietà e priorità
Di norma, infatti, è la proprietà a stabilire vision, mission e strategia di un’organizzazione, stabilendone anche gli imput morali: è il team board a determinare come un club deve unire il suo passato ai suoi tifosi attuali, tenendo sotto la stessa bandiera vecchi e nuovi aficionados. Le strategie del board orientano la squadra, la sua capacità di influenzare la storia, rispettando i valori e le tradizioni da tramandare ai supporters. Questo perchè persone, cose, organizzazioni complesse, sono definite da più elementi: sia componenti fisiche, che elementi intangibili. Ergo, se si sostituisce tutta l’infrastruttura, l’ente conserva o no la sua essenza originaria?
E questo è il problema, “la complessità” della proprietà straniera, rispetto all’essenza di un club storico: è una problematica insita nel nostro stesso sistema capitalistico, in cui il più ricco ha il diritto di diventare il proprietario, a dispetto delle reciproche identità di partenza. Basti pensare che in molti dei paesi d’origine delle proprietà straniere persistono norme giuridiche e sociali sostanzialmente diverse, quando non agli antipodi, rispetto ai paesi in cui “vivono” le squadre: è il prezzo da pagare al primato del capitale, rispetto alla dissonanza morale che viene a crearsi nel tifoso (sovente occidentale) ad ogni coppa alzata, dopo ogni scudetto cucito in petto, ad ogni trionfo possibile.

Tifo e globalizzazione
Il calcio, come tutto il resto, si è globalizzato; eppure persiste una radice essenziale, un fulcro che lega l’anima del tifoso, facendo leva sul suo senso di appartenenza al club originale: la memoria collettiva di una curva può sopravvivere, difatti, anche ai cambiamenti strutturali più esiziali, alle folate capricciose delle proprietà, alle stranezze più rabberciate ed estemporanee. Le squadre di calcio, proprio come la mitica nave di Teseo, navigano nelle acque placide della diuturna memoria: il flusso del tempo non è costituito solo dai nostri personali ricordi, ma dal comune sentire (rispetto alla squadra) verso coloro che ci circondano oggi e coloro che un tempo ci hanno preceduto.
Le storiche imprese, i trofei alzati, i colori della maglia, i rituali che precedono una partita, le sofferenze e le lacrime versate: tutto contribuisce a creare il senso di comunità che un club si porta dietro. E tutto questo ci aiuta ad ancorare la nostra personale identità all’interno della comunità, ricordandoci che l’amore per una maglia è solo l’ennesima declinazione del nostro amore per la nostra terra, la nostra comunità.

Ed ecco dunque la difficoltà del presente e la sfida del futuro: il capitale sociale (inteso della società sportiva) dovrà necessariamente scendere a patti col sentimento comune. Altrimenti si rischia che il tifoso in tribuna, all’ennesimo goal del campionissimo milionario, volti lo sguardo al cielo, sbadigliando annoiato.