Invincibile Rocky: 100 anni fa nasceva il pugile che è diventato leggenda

Stallone e la sua iconica creatura, quel Rocky I, II, III…e chi più ne ha, ne metta. Ma nessuna saga cinematografica avrebbe potuto restituire i contorni di una storia leggendaria, meglio di come l’abbia narrata il suo protagonista.

Rocky
Rocky Marciano in allenamento – Photo web source

Rocco Francesco Marchegiano, dal profondo della provincia beneventana; per tutti Rocky l’invincibile, Marciano l’implacabile: e sono cento, gli anni dalla nascita (1 settembre 1923): se ne andò tragicamente, troppo presto per non alimentare la leggenda.

La leggenda

Una leggenda umana che si è intrecciata al mito, cuore pulsante d’un pezzo d’Italia che era andato a cercare fortuna in America: da Ripa Teatina, in quel di Chieti, fino al Massachussetts, a Brockton, terra concimata a pugni ed impastata a sangue e sementi. La sua figura ispirò molti altri Rocky dopo di lui: sulla scia del gigante Carnera, Primo in tutto, Marciano ha mantenuto l’egida dell’imbattibiltà. Nessun peso massimo come lui, imbattuto per 49 incontri su 49, un numero a cabala, quasi magico, una vera damnatio per chi ha voluto emularlo (senza riuscirci).

In attività dal ’47 al ’55, Rocky divenne il Re del ring, ben prima di Muhammad Cassius Alì: l’88% dei match finivano per k.o., al tappeto soltanto in due occasioni, abbattuto da Jersey Joe Walcott e dall’intramontabile Archie Moore. Tutti ricordano Marciano, era un turbinio di pungiglioni che si abbattevano molesti, un frullare d’ali che ti frollava come un manzo al macello. Non boxava soltanto, Marciano demoliva.

Fegato da vendere, cuore da donare

Non soltanto fegato e cazzotti: Rocky aveva un gran cuore e Carmine Vingo, di origine italiana, lo capì subito dopo esser finito all’ospedale per mano (rectius pugno) suo. Marciano gli pagò fino all’ultimo dollaro di cure ed al matrimonio del ragazzo gli volle regalare tutta la camera da letto come risarcimento per il danno inferto.  Era un turbine, il Nostro: polo estremo, martellatore incessante, caratterialmente opposto a Muhammad, l’ape pungente col volo d’una farfalla; tanto smargiasso, verboso e predatore Alì, quanto metodico e silenzioso il Demolitore di Brockton. “The Greatest”  contro “Demolition Man”: due facce della stessa leggenda.

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Marciano contro Walcott – Photo web source

Il mito, lo schianto

Faccia irregolare, naso pestato, prestò il suo volto a tv e cinema: recitò con Bob Hope e Jerry Lewis, ma il suo talento era racchiuso in un pugno: una combinazione letale, sinistro-destro, dritti sul muso dell’avversario di turno: era la sua fatality, la chiamava “Suzie Q”, dolce per lui, letale per gli altri. Nel 1952 conquistò la corona dei massimi, che lasciò solo dopo aver abbattuto (finalmente) Archie Moore, re dei mediomassimi, nel ’55: si ritirò imbattuto, finendo il suo volo leggendario con uno schianto al suolo, quando il suo aereo, un Cessna 172, si avvitò nella tempesta, catapultandolo nel mito.

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