Il 27 giugno del 1980 in Italia, nel Mar Tirreno meridionale tra le isole di Ponza ed Ustica, avviene uno dei disastri più inquietanti della nostra storia.
Il volo di linea IH870 della compagnia aerea Itavia, un Dc 9 con 81 persone a bordo, partito da Bologna, non farà mai arrivo a Palermo. L’aeromobile precipita senza scampo per chi è a bordo.
Da quel momento in poi assisteremo al più grande insabbiamento di tutti i tempi. La strage di Ustica, 43 anni dopo, continua ad essere una menzogna, una verità nascosta della quale non si può parlare.
Ustica una verità inquietante, anche Amato si tira indietro
Negli ultimi giorni a far scalpore sono state le parole di Giuliano Amato, un personaggio politico della Prima Repubblica che ha ricoperto vari ruoli importanti. Ebbene a 85 anni il Prof. Amato si è sentito in obbligo, quasi morale, di dire la verità e rimediare ad una delle vergogne più grosse dell’Italia e di tutta l’umanità.
Dopo 43 anni in una intervista Amato ha detto quello che tutti sanno ma che nessuno dice fino in fondo, la verità che manda da quel maledetto 27 giugno del 1980, la verità, la giustizia per quegli 81 morti, tra cui molti bambini, tirati giù assieme al DC9 per dei giochi di potere, per degli interessi che in nessun modo riguardano la vita delle persone comuni.
Amato tornando sull’argomento, nella sua intervista, dice chiaramente che l’aereo fu abbattuto da un missile. Sono anni che i processi si susseguono la verità seppur non detta è emersa e sancita anche nelle aule di tribunali, ciò che manca è la responsabilità di quell’atto scellerato tra reticenze, depistaggi, menzogne, morti sospette.
La verità quella che non riporterà indietro il tempo, non restituirà gli 81 morti alle proprie famiglie ma che in un paese civilizzato è un dovere morale e non solo innanzitutto nei confronti dei morti. Dopo 43 anni siamo ancora qui a chiederci: perché?
Nella sua intervista Giuliano Amato afferma: “la versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. Il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario”.
81 vittime che dopo 43 anni ancora vengono sacrificate in nome di interessi nascosti
Parole forti che farebbero pensare che un uomo, purtroppo, vicino alla fine della sua vita sente la necessità di liberare la sua anima, liberarsi da un peso, un macigno che non si può sostenere dinanzi a Dio. La triste verità, però, ancora una volta, nostro malgrado, è un’altra.
Ustica, l’abbattimento del DC9 nei cieli italiani rimane il più grande insabbiamento della storia dell’umanità. In queste ore lo stesso Amato sta cercando, in qualche modo, di correggere il tiro, di ritrattare ci sentiamo di dire, usando come pretesto la sua età avanzata che influisce sulla sua memoria e volendo interpretare in maniera diversa ciò che lui stesso ha sentito l’obbligo di affermare.
Una vicenda sulla quale l’ordine è il silenzio assoluto. Dopo 43 anni le parole di Amato avrebbero potuto significare un barlume di speranza ed invece su questa triste vicenda è stato ordinato il silenzio assoluto. Militari, politici tutti hanno risposto ad un interesse più grande ed oscuro scegliendo di sacrificare più e più volte quelle 81 vittime, quelle persone innocenti uccise il 27 giugno del 1980.
Depistaggi, silenzi, bugie, morti sospette tutto emerso nel corso degli anni, tutto frutto di affermazioni, indagini, testimonianze che, però, mai fino in fondo hanno riportato la verità, hanno fatto chiarezza, hanno fatto giustizia. Proprio in queste ore Giuseppe Dioguardi, militare di lungo corso che quella notte di fine giugno del 1980 aveva appena 19 anni era in servizio nella sala operativa della Prima regione aerea a Milano, si sente in obbligo di ricordare.
Segreti, menzogne, depistaggi, reticenze
Quella sera, afferma Dioguardi, tutti sapevano di quanto avveniva sui nostri cieli, da Grosseto si alzarono due caccia intercettori su input del centro Radar di difesa, quegli stessi caccia che ricevettero l’ordine di rientrare. A bordo dei due F-104 c’erano Mario Naldini e Ivo Nutarelli, i due piloti delle Frecce Tricolore morti nel 1988 nel tristemente famoso incidente durante una manifestazione a Ramstein, in Germania.
Questa è la strage di Ustica: un intreccio di trame politiche, interessi oscuri, poteri al di sopra di ogni sospetto, un silenzio ordinato. Dopo 43 anni dalla strage, però, purtroppo, il muro di gomma non cede, il silenzio è ancora l’ordine supremo. Chi parla poi ritratta, balbetta, corregge il tiro. La verità su quel triste 27 giugno del 1980 e su quanto accade sulle nostre teste a nostra insaputa, evidentemente, è una cosa che non riusciremo mai a scoprire.
Un macigno, un peso sulle coscienze e sulle anime di molti che, però, nemmeno a fine vita riescono a sputar fuori. Nemmeno la morte, ormai prossima, con il conseguente incontro con Dio riesce a farli liberare da quel peccato.