Se ne va a 98 anni. Non solo fu la prima donna ad indossare una divisa da poliziotto ma fu anche in prima linea per la difesa di donne e minori.
Dalla miseria del dopoguerra al concorso in polizia. Dalla Calabria al Friuli. Vita di una donna che ha fatto la storia del nostro paese.
Da Vibo Valentia a Trieste
Oggi l’Italia perde una grande donna. A 98 anni si è spenta Rosa Scafa, prima donna poliziotto d’Italia. La sua ultima intervista risale al luglio del 2020 e alla giornalista del Corriere della Sera che le chiedeva come mai fosse entrata in polizia lei, schietta, rispose: “Perché avevo bisogno di lavorare. Ero la maggiore di otto fratelli, la guerra ci aveva portato via tutto, il lavoro non c’era. Manco come operaia mi volevano. E avevo pure il diploma di maestra. In Polizia ci sono entrata per necessità, ma poi mi sono innamorata di quel lavoro“.
Dalla necessità di guadagnare all’attaccamento viscerale a quello che non era solo un lavoro ma una vera e propria missione il passo è stato brevissimo. Da Vibo Valentia la Scafa si trasferì a Trieste raggiungendo suo padre che, in quel momento, versava in condizioni economiche disperate. E quindi Rosa dovette rimboccarsi le maniche ed iniziare a lavorare. Nel 1951 ebbe l’opportunità di partecipare ad un corso per diventare membro della Polizia civile femminile di Trieste (all’epoca ancora non formalmente unita politicamente al resto d’Italia, lo sarebbe diventata nel 1954). Il suo primo impiego fu nella Buoncostume e si occupava soprattutto dei minori.
Una vita in divisa
Nel 1960 però si trovò ad un bivio: doveva scegliere se diventare una impiegata civile o passare alla Polizia di Stato. E lì Rosa non ebbe il minimo dubbio: “Per carità, non mi ci vedevo dietro a una scrivania. Volevo fare la poliziotta. I colleghi mi hanno sempre trattata come una di loro, mai una volta che il mio essere donna sia stato un problema“. Divenne così la prima donna poliziotto d’Italia. E poliziotto era anche il suo amatissimo marito Filippo “il più bello di tutti, biondo e con gli occhi azzurri”.
Rosa e le sue “signorine”
Forte e profondo anche il legame tra Rosa Scafa e il mondo della prostituzione. Rosa si è sempre rivolta a loro ed ha sempre parlato di loro chiamandole signorine in modo da restituire a queste donne la dignità che meritano. In questo modo Rosa, o meglio, l’Ispettore Capo Rosa Scafa voleva far capire a tutti che le prostitute (oggi le chiameremo Sex Workers) non sono degli oggetti ma “donne che hanno perso la strada. Se sono arrivate fin lì è un po’ colpa di tutti“.