Nessuna lacrima, nè un sorriso, a segnare il volto de “il bambino del deserto”. Così è stato soprannominato il piccolo di circa tre anni trovato da solo nel deserto e giunto fortunosamente in Italia, con l’ennesima, drammatica, traversata del mare.
Al suo sbarco, nell‘hotspot di Lampedusa, un ragazzo (non ancora maggiorenne) ha spiegato di aver preso con sè il piccino, dopo averlo scorto da solo nel deserto libico, a vagare senza meta sotto un sole cocente.
Miracolo nel deserto
“Non potevo lasciarlo morire da solo nel deserto, così l’ho portato con me e abbiamo fatto il viaggio insieme”, ha dichiarato il salvatore, spiegando che neppure con lui il bambino ha mai detto qualcosa: un mutismo totale, che non aiuta a ricostruirne la tragica storia. Adesso spetterà al Tribunale dei minorenni del capoluogo siciliano decidere come collocare il piccolo sopravvissuto: per prima cosa, dovrà verificarsi se ci sono parenti stretti sul territorio, ovvero se ci sono richieste di affido da parte di soggetti giudicati “idonei”.
Altro passo sarà ovviamente la nomina di un tutore per il minore, che dovrà assicurarsi come il piccolo riceva cure adeguate da parte di un centro di accoglienza: di certo, data la situazione traumatica in cui è stato trovato il treenne, non si esclude la presa in carico (temporanea) da parte del Servizio Sanitario, con il dipartimento preposto di neuropsichiatria infantile.
Dramma umano
La storia del bambino del deserto è esemplificativa ed emblematica, del dramma umano, del collasso di civiltà che stiamo vivendo in questi anni di migrazioni indotte, con milioni di individui alla ricerca di una possibilità di salvezza: genti che lasciano paesi inospitali, dove rischiano di morire ogni momento che passa, e si imbarcano in imprese disperate, portandosi dietro quel che di più caro si ha: i propri figli, spesso neonati oppure piccolissimi, magari proprio di deu-tre anni.
Il bambino adesso si trova nella zona riservata del centro di prima accoglienza, con gli psicologi e gli operatori che non lo perdono mai di vista: ma lui non piange mai, nè interagisce molto con gli altri bambini. “E’ come se vivesse nel suo mondo e non volesse lasciarlo”, dicono i volontari di Save the Children (o.n.g. internazionale che si occupa della difesa dei minori).
Stress emotivo
Le cure per ora possono prendersi carico del corpo, di certo il dramma interiore vissuto potrebbe lasciare evidenze a lungo termine: Save the children e Croce Rossa Italiana, con l’ausilio di psicoterapeuti ed esperti pedagoghi, tentano di farlo aprire. Nessuno sa quali traumi abbia subito il bimbo del miracolo: a Lampedusa è scattata subito la gara di solidarietà per per richiedere l’affido temporaneo, almeno fino a quando non sarà trovata una famiglia idonea per l’adozione. Intanto, il bimbo senza nome, senza sorriso nè pianto, rimane chiuso nel suo mondo. Fatto di silenzio.