Questo calcio, non “tira”| Cosa non funziona e perché

Forse il calcio femminile, in Italia, non è ancora sostenibile economicamente come movimento professionistico: la qualificazione sessista, nulla c’entra con un tale giudizio.

Guardando alla visibilità data a livello nazionale alle squadre femminili, non può dirsi che il salto di qualità dal dilettantismo alla categoria superiore abbia prodotto risultati concreti.

Calcio femminile in Italia
Calcio femminile in Italia – photo web source

Non si tratta dunque di ideologia, ma certi meccanismi di parificazione sessuale, lungi dall’esser misogini o reazionari, devono comunque esser pesati col giusto segno: calare dall’altro una passione, anche e soprattutto in termini mediatici, può forse esser l’unica strada?

Tacchetti in scivolata libera

I tacchetti sull’erba attirano sempre più un pubblico trasversale, è vero. Ma il confronto tra l’universo calcistico maschile e quello femminile è ancora improbo: la Federazione nazionale ha creduto, nel breve-medio periodo, di poter risolvere il gap (storico, mediatico, economico) imponendo le quote rosa alle società professionistiche. Chiaro che il passaggio dal dilettantismo al professionismo fosse, per le donne, un atto dovuto e legittimo, ma il problema non è risolto, anzi.

Trasmettere, a livello nazionale, una sola partita della serie A femminile alla settimana (sulla RAI) è un vero e proprio affronto: tra parentesi “mamma” RAI ha ceduto più alle pressioni e al dovere, che alla convinzione: abbandonata da La7, rifiutata da Dazn e da Sky, la copertura tv della serie A in rosa per quest’anno è davvero ai minimi termini.

Appalti deserti

Le aspettative dichiarate alla partenza erano alte, ca va sans dire: la FIGC si era dunque seduta ben tronfia al tavolo delle trattative, ma invero la gara è andata praticamente deserta. In più il capitolato di appalto per la produzione mediatica (le riprese delle partite) era stato lanciato dalla Federcalcio sulla base di un’ottimistica previsione delle entrate derivanti dalla cessione dei diritti: 1,750 milioni, mentre la stima tra gli esperti era non superiore ad un valore effettivo (per appeal e visibilità) stimabile tra i 300mila e i 400mila euro).

E’ forse duro da digerire, ma al momento il calcio femminile in Italia non interessa a nessuno, o quasi: a parte il match clou della giornata, il resto delle partite di serie A in rosa sarà trasmesso unicamente su Youtube (manco fosse un torneo dilettantistico); forse si guadagnerà in termini di (minima) visibilità, ma di certo non si vedranno ritorni economici collegati.

La piramide dalla punta

Costruire un movimento popolare ex novo, partendo dalla sua diffusione mediatica prima che socio-culturale, equivale a voler costruire una piramide dalla punta, quasi rovesciando l’architettura di base e partenza: l’imposizione dall’alto non ha mai giovato alla diffusione dei movimenti popolari; il calcio femminile avrebbe dovuto svilupparsi seguendo tempistiche e modelli autonomi, con le sue forze e magari in tempi decisamente più lunghi.

Tv e calcio
Diritti tv e calcio, matrimonio d’interessi – photo web source

In definitiva, è stato il mercato, nella sua forma bruta, a dovere riequilibrare pretese e investimenti sballati, ristabilendo quella verità storica che, al momento, si finge ancora di non voler vedere.

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