Può l’operato quanto ciò che lo stesso Sant’Alfonso de Liguori ha osservato a suo tempo, esser ancora del tutto attuale?
Questo è quello del quale si è parlato a Sant’Agata dei Goti, in provincia di Benevento, in un convegno al quale ha partecipato anche uno dei più importanti esponenti della storia politica italiana.
Tanti gli argomenti trattati dai diversi relatori e, al centro del tutto, la “Carta di sant’Agata dei Goti”. Vediamo insieme di cosa si tratta.
La Carta di Sant’Agata dei Goti “torna in gioco”
È lei la vera protagonista della serata, la “Carta di Sant’Agata dei Goti”, un documento creato il 29 settembre del 1997, e che ha come suo sottotitolo “Dichiarazione su usura e debito internazionale”. Argomenti che non sembrano più apparentemente così lontani da noi e che, anzi, sono proprio alla porta accanto.
Un documento che ha guardato al terzo centenario dalla nascita di Sant’Alfonso Maria de Liguori (che è stato vescovo di questa città), ma che allo stesso tempo ha visto necessario quanto importante tornare ancora una volta su due temi che non sono così lontani da noi e che, anche all’epoca del Santo Vescovo, erano al centro del suo operato apostolico.
L’evento – convegno si è svolto proprio nel Duomo di Sant’Agata dei Goti, venerdì 29 settembre, organizzato dalla Diocesi di Cerreto – Telese – Sant’Agata, insieme alla Scuola Diocesana di Impegno Socio-Politico, Unità pastorale Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e al “Mila – Museo Itinerante dei Luoghi Alfonsiani”.
Tanti gli ospiti e i relatori presenti: da Don Matteo Prodi, presidente di “iCare”, al padre redentorista Maikel Pablo Dalbem, alla professoressa Filomena Sacco, docente dell’Accademia alfonsiana di Roma, sino a Romano Prodi, ex premier e già presidente della Commissione Europea. A concludere, il vescovo della diocesi di Cerreto – Telese – Sant’Agata, mons. Giuseppe Mazzafaro.
Un convegno incentrato sull’operato del Santo e non solo
Diversi, come dicevamo, i temi trattati. Al centro, però, il protagonista dal quale tutto è nato: Sant’Alfonso de Liguori: “I poveri erano inconsolabili: chi ci difenderà ora? Solo monsignore aveva la forza di farlo. Erano queste le parole dei pover e degli abbandonati, ai quali solo le parole di Alfonso davano la cura e la forza necessaria per andare avanti. E, proprio davanti alla notizia delle sue dimissioni per l’età avanzata, qualcosa stava cambiando” – con queste parole, la prof.ssa Sacco introduce alla figura del Santo.
Un uomo che, da avvocato quale era, ha guardato le ingiustizie del mondo e, proprio da una di queste, capì quale era la sua vera strada: dedicarsi ai poveri, ai dimenticati, agli abbandonati. Nascono così le sue missioni popolari, spiega la prof.ssa sacco, volte “a convincere il popolo a confessarsi, avvicinandosi a loro e ad educarli alla misericordia di Dio”.
Un popolo che era, però, dimenticato e che, troppo spesso, a causa anche dell’ignoranza, poco apprendeva dell’insegnamento divino: “Come fare allora? Semplice, avvicinandosi sempre di più a loro, anche utilizzando il loro linguaggio e tutto ciò che poteva aiutarli a comprendere meglio…nasce, da questa intuizione, anche uno dei canti più famosi composti dallo stesso Sant’Alfonso: Quann Nascette Ninno” – continua la docente dell’Accademia Alfonsiana.
La volontà di leggere Sant’Alfonso non solo come teologo morale o come sacerdote, ma anche come colui che si è impegnato a dare risposte all’uomo, “a quella vita umana minacciata. Perché se l’uomo soffre, soffre anche Dio” – afferma il redentorista, Padre Maikel – “Sant’Alfonso cerca di creare un equilibrio fra la giustizia morale e la legge e il suo ragionamento parte da un fondamento religioso: il settimo comandamento, “non rubare”.
L’usura: una piaga sempre esistita
Ed è qui che si introducono i temi principali del convegno, primo su tutti l’usura: “Il denaro è un bene di consumo e non si può chiedere oltre quello che si è dato in prestito. Su questo si è battuto il Santo e, se ci facciamo caso, non è tanto diverso da quello che accade oggi. Sant’Alfonso voleva combattere l’usura, una piaga che, purtroppo, ci portiamo indietro da secoli” – continua il padre redentorista.
Ma è con l’intervento del prof. Romano Prodi che la discussione entra nel vivo. Vengono toccati diversi temi oltre a quelli del dibattito: dall’ambiente, ai migranti, alla guerra, allo sviluppo dei popoli…temi che, possiamo portare (alcuni di essi) già all’epoca di Sant’Alfonso, ma che in effetti, lo dicevamo, non sono così lontani da noi.
Prodi, nel suo discorso, ha parlato di “modernizzazione e sviluppo che vedono i paesi asiatici oggi al centro del mondo. La tensione tra diversi Stati è forte e la Cina gioca un ruolo sempre maggiore rispetto agli Usa, ma non c’è la mediazione dell’Onu. Servirebbe una riforma, tentata già molte volte” – spiega.
Un’attenzione particolare anche al tema dei migranti: “La migrazione è biblica e questa va gestita stabilendo rapporti di cooperazione tra Paesi, altrimenti si aggravano sempre di più le tensioni politiche” – afferma il prof. Prodi.
Don Matteo Prodi: “Perché studiare e rilanciare questo importante documento”
Per comprendere al meglio il valore di questa Carta di Sant’Agata, quanto anche della piena modernità dell’operato di Sant’Alfonso ancora oggi, abbiamo chiesto al moderatore del convegno, don Matteo Prodi:
Perché la scelta di un rilancio e di uno studio ancora più approfondito sulla Carta di Sant’Agata dei Goti?
In realtà per me personalmente è successo tutto casualmente. Fino a giugno 2023, non avevo mai sentito parlare della Carta. Poi la Diocesi e la cooperativa “iCare” sono state invitate a rilanciare la figura di Sant’Alfonso in particolare con il MILA (museo itinerante luoghi alfonsiani). Mettendo a posto gli archivi è uscita alla carta e per noi tutti è stata una folgorazione: dovevamo assolutamente riprenderla in mano, perché è di una bellezza estrema e poi perché è straordinariamente necessaria per l’oggi.
Tutte le crisi nel mondo sono collegate: pace, cura del creato, economia, politica, migrazioni sono tutte così intrecciate che dobbiamo avere grande determinazione per affrontarle tutte, proprio per ridare al mondo intero la speranza di una pace reale, sensata e stabile. Il debito internazionale è una delle cause maggiori di mancanza di sviluppo e quindi di speranza.
Qual è la posizione concreta che la Chiesa può assumere in base a temi quali “usura” e “debito”? E, staccandosi un attimo dalla concezione prettamente temporale, c’è differenza fra questi due concetti, in epoca alfonsiana e in quella moderna?
Il mondo è cambiato ed anche la posizione della Chiesa su tanti argomenti. Secoli fa era condannato l’esigere interessi, in qualsiasi forma. Ora, forse purtroppo, è tutto diverso. Si pensi, per inciso, che la morale islamica proibisce a tutt’oggi il pagamento di interessi sui prestiti, la qualcosa impone la costruzione di un’economia molto meno dipendente dalla finanza.
Mi sembra importante tenere collegate due cose: per Sant’Alfonso alcune dinamiche debitorie minacciavano la vita; papa Francesco ripete continuamente che questa economia uccide. Qui le posizioni, pur distanti molti anni, si toccano profondamente, fino quasi a confondersi. Il tema è la qualità e la dignità della vita dell’uomo: su questo la convergenza tra oggi e il 1700 alfonsiano è totale.
Una chiesa in uscita per sanare le ferite del mondo: Sant’Alfonso quanto ha lasciato e quanto ha insegnato su questo tema che, all’epoca, sembrava così tanto lontano dalla realtà?
Innanzitutto, anche se andrebbe controllato meglio, Sant’Alfonso non ha nessuna possibilità di usare espressioni come Chiesa in uscita: per tanti aspetti chiesa e mondo erano ancora particolarmente contrapposti, a suoi tempi. I regnanti della sua epoca (come si evince dai documenti esposti al museo di Sant’Alfonso nel circuito MILA) legiferavano anche sulla vita dei presbiteri; e non sempre i vescovi erano contenti di queste dinamiche. In secondo luogo l’espressione chiesa in uscita significa che la chiesa deve imparare dal mondo per capire meglio il Vangelo, attraverso i cosiddetti segni dei tempi, cioè eventi extra-ecclesiali che interpellano la comprensione della rivelazione.
Ciò che su questa dinamica ci ha lasciato Sant’Alfonso è il lasciarsi travolgere dalla vita dei più poveri, dalle periferie della storia, dagli scartati del mondo. Certamente questo grandissimo santo ci potrebbe insegnare molto su quanto possiamo imparare dalle esistenze marginali. Chiesa e mondo devono mettere in comune le ferite e guarirsi reciprocamente. Purtroppo il mondo ha paura a mostrare le proprie ferite; si preferisce mostrare forza e potere. Il detto di Gesù sono venuto non per i giusti ma per i peccatori ci dovrebbe insegnare molto; a partire dal detto che ne segue: misericordia io voglio, non sacrifici.