Vajont: incuria, omissioni e superbia | 60 anni fa la tragedia da non dimenticare

Il 9 ottobre del 1963 si verificò uno dei disastri più gravi della storia d’Italia. Riassumiamo i fatti che hanno provocato la tragedia.

Il giorno dopo la frana. Foto Web Source

Ripercorriamo brevemente i passaggi che hanno portato all’immane disastro.

La storia

Quella del Vajont è una valle che si sviluppa tra due Regioni italiane: il Veneto ed il Friuli Venezia Giulia. A dominare la valle il monte Salta e il più famoso monte Toc. Attraversa la valle il Torrente Vajont che confluisce nel Piave. Ai piedi della valle tanti piccoli paesini, il più importante dei quali era Longarone. Per tutte queste caratteristiche la SADE (Società Adriatica di Elettricità) decise di impiantare in questa valle una imponente diga che avrebbe fornito energia elettrica a tutto il Triveneto. Furono coinvolti nella progettazione e nella realizzazione dell’opera i più grandi ingegneri, geofisici e geologi del tempo. In effetti fin dal principio alcune perizie ponevano seri dubbi sulla fattibilità dell’opera. E questo perché il materiale roccioso presente lungo i versanti dell’invaso era inadatto. Inadatto perché friabile.

Diga del Vajont. Foto Web Source

Ma mentre si susseguivano le perizie la diga era già stata eretta. I lavori di costruzione furono eseguiti tra il 1957 ed il 1959. E già nel 1959 ci furono le prime prove tecniche di invaso. I primi problemi serissimi iniziarono a verificarsi nel novembre 1960. Il 4 novembre una prima frana si staccò dal versante sinistro. Si staccarono 800mila metri cubi di materiale.

L’incidente

9 Ottobre 1963 ore 22.39: ha inizio l’Apocalisse. L’intera facciata del monte Toc, ben 270 milioni di metri cubi di roccia, si stacca e frana nell’acqua del bacino idrico generando un’onda di proporzioni mastodontiche: 200 metri d’altezzaE’ un attimo, nel giro di 30 secondi la valle viene invasa da un quantitativo abnorme di acqua. L’intero paese di Longarone viene letteralmente polverizzato1920 morti. Alcuni cadaveri non sono mai stati riconosciuti, altri corpi non sono mai stati ritrovati.

Prima pagina che il Corriere della Sera dedicò al disastro. Foto Web Source

Gli errori umani

Quello del Vajont fu dunque un disastro annunciato e con due corresponsabili: la natura e l’uomo. Sarebbe sbagliato considerare l’uomo quale unico responsabile soprattutto considerando il livello di allora delle conoscenze e delle tecnologie applicate all’ ingegneria. Analizzare una situazione simile con gli strumenti di oggi sarebbe stato facile, anzi, se i fatti si fossero svolti ai giorni nostri non ci sarebbe proprio mai stata una diga su al Vajont. Quella della paleofrana, che poi sarebbe la responsabile della instabilità del materiale roccioso, era all’epoca solo un’ipotesi. Certamente però già dalla prima frana del 1960 si sarebbe dovuto intervenire e non limitarsi a fare ipotesi su come migliorare la situazione. Inoltre, cosa da non sottovalutare, tranne la voce isolata ma ostinata della giornalista Tina Merlin sia la stampa che i vertici SEDA ci tenevano a tranquillizzare la popolazione locale. La diga non avrebbe mai ceduto. Ed in effetti è vero: la diga è ancora intatta, fu la gigantesca onda (un’onda alta più di 200 metri, fa paura anche solo scriverlo) a spazzare via i paesi sottostanti e a portare con se 1920 anime.

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