Ennesima tragedia del lavoro: una giovane di 26 anni, Anila Grishaj, è morta nel trevigiano, incastrata in un macchinario presso l’azienda dove prestava servizio.
Solo pochi istanti: tanto è bastato per spezzare per sempre la sua vita. Era al lavoro, nel reparto merce della “Bocon”, un’azienda di Pieve di Soligo: non c’è stato nulla da fare.
Morte improvvisa
Anila non si è (probabilmente) accorta di nulla: ad un tratto la testa le è rimasta incastrata in un macchinario per l’imballaggi, con la pressa che l’ha colpita in pieno, alla base del collo, schiacciandole le vertebre cervicali. La povera ragazza non ha avuto neanche il tempo di reagire: i colleghi di lavoro l’hanno trovata in piedi, priva di sensi, intrappolata da un congegno infernale, acquistato solo recentemente dall’azienda (specializzata in surgelati). Allarme immediato, ambulanza e vigili del fuoco allertati: quando sono giunti sul posto per la donna non c’era più nulla da fare, inutile ogni tentativo di rianimazione.
Ignote per ora le cause dell’incidente: il macchinario, posto sotto sequestro dagli inquirenti, potrebbe essere entrato in azione per errore, con la giovane, dipendente esperta, nel settore da anni, stava eseguendo un controllo. Altra ipotesi è l’uso improprio del macchinario da parte della vittima, anche si tende ad escluderlo visto l’esperienza accumulata negli anni dalla donna.
Famiglia sconvolta
Sotto shock la famiglia di Anila: il padre, impazzito dal dolore, si è precipitato fuori dallo stabilimento, dando escandescenze davanti ai cancelli. Per riportare un minimo di calma è stato necessario l’arrivo di una pattuglia di carabinieri; il sindaco di Pieve, Stefano Soldan, ha prontamente avvisato la famiglia del tragico evento: “Ho avvisato io la famiglia”, ha aggiunto il primo cittadino, “sono rimasto a portare la vicinanza dell’amministrazione a queste persone, distrutte dal dolore“. Una situazione sconvolgente, drammatica, che ha fatto ricordare a molti la tragedia di Luana D’Orazio, morta nel 2021, stritolata da un macchinario della sua azienda.
Troppe morti bianche
Tragedia troppo simile a tante altre, sorrisi giovani che si spezzano per sempre: anche la D’Orazio era una giovane donna, morta sul lavoro a Prato, uccisa da un macchinario tessile difettoso, che l’ha stritolata senza lasciarle scampo. Nel Trevigiano, tutti i sindacati, hanno chiesto di fare al più presto chiarezza, adeguando i protocolli di sicurezza all’interno delle fabbriche: “Non si può morire così, sul lavoro, a 26 anni”. Del resto la morte di Anila segue di poco un altro incidente mortale: un operaio di 59 anni ha perso la vita all’interno del polo chimico di Ravenna, colpito da un escavatore.
Dalle prime ricostruzioni, parrebbe esserci un errore umano alla base della tragedia: investito da un collega, non ha avuto scampo. Troppe le morti bianche, oramai, per un paese che ama definirsi civile: la sicurezza sui luoghi di lavoro è ormai un problema emergenziale, su scala nazionale.