La città di Napoli racchiude in sé bellezze storiche, artistiche e non solo che non ti aspetti. E anche chi ci abita molto spesso non le conosce.
Molto ruota anche attorno alla cristianità che “avvolge” la città partenopea e che accompagna, da secoli, il suo sviluppo.

Figura primaria e principale è San Gennaro. E a Napoli, non c’è solo il suo tesoro…
Napoli e le sue catacombe
Alla scoperta della città di Napoli potrebbe essere il titolo di un film o di una serie tv. Invece, è quello che, non solo i turisti che affollano le sue strade, ma anche e soprattutto i cittadini che a Napoli vi abitano dovrebbero fare.
Sì, perché molto spesso si dà per scontato di conoscere la città dove si vive, solo perché abbiamo visto (o percorriamo ogni giorno) quelli che possono essere le sue principali strade o piazze, volendo, conosciute in tutto il mondo. Ma non è detto che, se si è stato a Piazza del Plebiscito vuol dire che si conosca tutta Napoli. Come anche se si è stati sul Vesuvio, vuol dire che si è visitata tutta la città di Napoli.
Lo dicevamo all’inizio, Napoli è una città che ci offre tantissimi spunti di riflessione e di scoperta, a partire proprio da quella che è la sua fede e la cristianità che la avvolge. San Gennaro su tutti: il suo tesoro, il suo miracolo del sangue…oggi, però, vi portiamo alla scoperta di un altro luogo caratteristico, che ruota attorno al Santo Patrono e non solo: le “Catacombe di San Gennaro”.

Perché sono intitolate a San Gennaro
Partiamo da una cosa: cosa sono le catacombe? Sono antiche aree cimiteriali sotterranee risalenti al II-III secolo e rappresentano, in questo caso, il più importante monumento del Cristianesimo presente a Napoli. Il nucleo originario delle catacombe si è andato creando attorno alla tomba di un’antica famiglia romana di cui, però, non si conosce il nome. La donazione di questo luogo portò alla fine del III secolo, l’accoglienza al suo interno dei resti mortali di Sant’Agrippino, considerato il primo patrono della città, nonché suo sesto vescovo.
Fu, però, il Vescovo Giovanni I a traslare e portare a Napoli, in una zona inferiore delle catacombe, le spoglie di San Gennaro e, da quel momento, la catacomba stessa divenne luogo di culto e preghiera sulle spoglie del santo martire. Questa grande devozione portò ad uno sviluppo straordinario delle catacombe: le tombe si moltiplicarono, nuovi cubicoli furono aperti e decorati, e neanche le pareti bastavano più, tanto che le tombe furono scavate persino nel suolo.
Quando però, le reliquie di San Gennaro furono trafugate e le spoglie di altri santi vescovi furono trasferite altrove, per le stesse catacombe iniziò un vero e proprio periodo di abbandono. L’interesse verso di loro ritornò nel XVIII secolo, nel periodo del “Grand Tour” ma, soprattutto, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale quando divennero, non più delle semplici cave di tufo, ma un vero e proprio rifugio per la popolazione dai bombardamenti.
Sarà poi, solo nel 1969 che il Cardinale di Napoli, Ursi, portò alla risistemazione delle catacombe e all’inaugurazione di un nuovo ingresso quanto anche di una nuova campagna di scavi che, nel 1973, portò alla scoperta del punto esatto della tomba dove erano custodite le spoglie di San Gennaro.

Un ingresso dalla chiesa “Maria madre del Buon Consiglio” a Capodimonte che porta a scendere sempre più in giù, all’interno di queste cave di tufo per l’ingresso nelle Catacombe. Ma non solo quelle di San Gennaro.
Ma ci sono, anche, le Catacombe di San Gaudioso
Nel pieno del Rione Sanità, vi sono anche le “Catacombe di San Gaudioso”. L’accesso si trova nella cripta sotto il presbiterio rialzato della chiesa intitolata alla “Madonna della Sanità”, dove, secondo la tradizione, aveva trovato sepoltura san Gaudioso, un vescovo dell’Africa settentrionale naufragato a Napoli e qui vissuto fino alla morte dopo avervi fondato un monastero ed essersi guadagnato fama di santità.
L’ingresso alle Catacombe di San Gaudioso è posto proprio in corrispondenza della tomba del santo vescovo. Ma sarà nel pieno del 1600 che, grazie alla presenza dei Frati Domenicani in questa Basilica, che per le catacombe inizierà un nuovo periodo.
In quest’epoca era ancora diffuso l’uso degli “scolatoi“: si tratta di cavità di pietra all’interno delle quali si appoggiava il cadavere per fargli perdere i liquidi. I frati domenicani erano convinti che la testa fosse la parte più importante del corpo poiché sede dei pensieri. Per questo motivo, dopo l’essiccazione, le teste stesse venivano conservate mentre il resto del corpo veniva ammassato negli ossari.

Sempre in questo periodo era anche in uso la macabra moda di prendere le teste dei cadaveri e di incastrarle nel muro dipingendo, poi, al di sotto un corpo che desse qualche indicazione sul mestiere del defunto. Questo tipo di sepoltura era riservato ai ceti più abbienti.
Un mondo completamente diverso rispetto a quello di oggi ma che rappresenta, comunque, un pezzo di storia della città che vale la pena di conoscere, grazie anche ai ragazzi dell’associazione “La Paranza” che accompagnano turisti e cittadini alla scoperta di questi luoghi particolari.