Rivive Luna Luna, il primo lunapark dell’arte | Un vero tempio da visitare

Luna Park: luoghi ameni del nostro immaginario, relegati nel dimenticatoio, paccottiglia consumistica degli Ottanta che furono.

Luna Luna Park – Photo web source

Luoghi corrivi, votati ad un consumismo ignorante, ridanciano e chiassoso di anni edonistici, mai passati (effettivamente) di moda. Ma è davvero così?

“Luna Luna”, il tempio della street art

Nel 1987, ad Amburgo, fu aperto un parco di divertimenti “artistico”: si chiamava “Luna Luna”, e la maggior parte delle attrazioni erano state disegnate, decorate, firmate da artisti come Jean-Michel BasquiatKenny Sharf, David Hockney e Keith Haring (con contributi di Dalì, Lichtenstein, Delaunay ed altri giganti del modernismo). L’idea fu partorita da un semi-sconosciuto artista e collezionista austriaco, André Heller: Luna Luna”, dopo una breve esperienza commercialmente poco edificante, chiuse baracca: tutte le giostre furono smontate, impacchettate ed inviate in U.S.A.                                      La notizia è che gli americani hanno deciso di riaprirlo: un gruppo di investitori ha rilevato il carrozzone dismesso, decidendo di far rivivere il complesso artistico in quel di Los Angeles.

Investimento ad arte

Si parla di una cifra intorno ai 100 milioni di dollari: nella cordata di riccastri interessati alla riapertura figurerebbe il rapper Drake (all’anagrafe Aubrey Drake Graham) che avrebbe investito una notevole cifra, attraverso la sua DreamCrew Society. Praticamente sarà come riscoprire un tesoro sepolto e dimenticato: di certo un’operazione nostalgia in chiave artistica; emozionante, sicuramente divertente, ma soprattutto una grande operazione “passatista”. Tutto molto interessante, peccato però dover constatare come la creatività artistica in Occidente sia in pratica in netto calo e controtendenza: soprattutto nel campo della musica e delle arti visive, a partire dalla fine degli anni 90 del XX Secolo, sono venute a mancare quelle figure geniali capaci di suggerire nuove (e potenti e seminali) visioni alternative della realtà.

Keith Hering – Photo web source

Archeologia canaglia

In pratica si vive in un diffuso clima di Archeologia delle Arti, uno scavo continuo nell’immaginario artistico, con un’idolatria del passato diffusa, come se mancassero del tutto le spinte “rivoluzionarie”. Un recupero pedissequo di narrazioni e mitologie dei decenni trascorsi; l’elenco sarebbe ben lungo, a partire dal pop-rock: gli svedesi ABBA letteralmente resuscitati dalla tecnologia olografica; i vecchietti terribili dei Rolling Stones ad agitare le  artrosiche anche in giro per il mondo; la rifattissima Madonna a sculettare tremebonda sul palco. E’ tutto un pullular di vecchiezza e “già visto”, di rimestio immaginifico in ogni campo dell’arte.

Sul versante Visivo, non va meglio: le grandi fiere internazionali dell’Arte dimostrano la medesima attitudine: ancor più le tante Biennali, sempre più alla ricerca della vena artista perduta o dimenticata.  E basti pensare alle ultime stagioni espositive della Tate Modern Gallery: se qualche giovane artista emerge è per puro caso, piuttosto che per primigenia vocazione e ricerca. Non che ci sia niente di male: guardare indietro può esser a volte salutare; tra le chincaglierie impolverate del nostro passato si posson sempre fare notevoli scoperte. O riscoperte, come nel caso di “Luna Luna Park”.

 

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